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...Monumenti

RUDERI CASTELLO 1700
Il castello, oggi in gran parte rovinato, nel suo insieme è una robusta costruzione rettangolare con torrioni circolari posti agli angoli Nord-Est e Nord-Ovest, con una torre di avvistamento, in atto demolita, costruita nel XIV sec. Dalla famiglia Larcan all’epoca feudatari del paese. Nel 1700 il castello venne acquistato dai Principi di Palagonia, che provvidero al restauro ed alla ristrutturazione dell’intero immobile, aggiungendovi una chiesetta, dedicata a S. Giuseppe. Alla fine dell’800 il Castello passò di proprietà ai Baroni Cupane Anche se oggi rimangono solo i ruderi dell’imponente edificio, la sua monumentale bellezza si impone, dando un’aria di mistero e solennità al piccolo centro urbano.
a cura di: Pro Loco Acquedolci

CHIESA SAN GIACOMO 1200 D.C.
Poco o nulla rimane dell’originaria struttura che ospitò per lunghi anni i fedeli che da tutta la Sicilia si recavano in pellegrinaggio a Santiago de Compostela.
a cura di: Pro Loco Acquedolci

LA CHIESA MADRE “BEATA VERGINE ASSUNTA”.
Aperta al culto nel 1929, si palesa nel suo stile neoclassico, incorniciata dalla superba bellezza del monte di S. Fratello. L’ interno è a tre navate, la maestosa centrale e le due laterali più umili, ma impreziosite da sculture lignee. Tra le varie opere si possono ammirare: il pregevole altare ricco di intagli e di mosaici, il pulpito in legno pregiato con bassorilievi raffiguranti i quattro vangeli e la statua in carta pesta dell’Addolorata. Di particolare interesse è la “Dormitio della Vergine” con capo, mani e piedi di cera e corpo di paglia rivestito di stoffe pregiatissime con raffigurazioni simboliche ricamate in purissimo filo d’oro. Imponente, ma semplice, è la statua lignea del Patrono “S. Benedetto il Moro”, che veniva regalata alla Parrocchia dai fratelli Catania nel 1938. Del Santo la chiesa possiede una reliquia, ben custodita. Di notevole bellezza è la statua lignea di S. Giuseppe, che un tempo era nella Cappella del Castello ed custodita nella canonica della Chiesa Madre, anche se diversi critici sostengono che la statua raffiguri S. Teodoro e non il Santo pre-detto
a cura di: Pro Loco Acquedolci

LA GROTTA DI SAN TEODORO
Il Pizzo Castellaro, propagine settentrionale dell’imponente Monte di San Fratello, si erge a circa 2 km a sud-est del centro abitato di Acquedolci, in una zona ricca di agrumeti e di ulivi secolari. Sulla sua parte rocciosa si apre, a 140 metri sul livello del mare, la grotta di San Teodoro. La grotta, formatasi in seguito ad un fenomeno carsico verificatosi, all’incirca, otto-dieci milioni di anni fa, conserva una documentazione molto ricca e molto importante della storia della Sicilia, in termini di popolamenti di animali, ormai estinti, e di resti dell’uomo preistorico. a prima segnalazione della Gotta di San Teodoro e dei depositi paleontologici e paleoetnologici ubicati al suo interno e sul talus ad essa antistante, si deve alla esplorazione del Barone Anca che nel 1859 eseguì un primo saggio di scavo. Egli notò che all’interno vi erano depositi del Paleolitico Superiore e nell’ampio saggio che fece all’ingresso della grotta trovò un sedimento che conteneva resti di animali (elefante nano, iena, cervo, cinghiale, orso, asino). Successivamente indagini, ognuna di straordinaria importanza, si devono a Vaufray (1925), Graziosi e Maviglia (1942), e Bonfiglio (1982-1985, 1987, 1989, 1992, 1995, 1998, 2002, 2003). La Grotta di San Teodoro fu abitata dall’uomo entro uno spazio di tempo valutabile, all’incirca, tra i 12.000 e gli 8.000 anni a.C. che dal punto di vista culturale rappresenta l’ultimo periodo del Paleolitico Superiore italiano comunemente chiamato Epigravettiano finale. La singolarità e l’importanza della grotta è data dal ritrovamento delle prime sepolture paleolitiche siciliane: sono cinque crani e due scheletri eccezionalmente completi che per primi hanno consentito una conoscenza approfondita degli antichi abitanti della Sicilia. Il rituale delle sepolture consisteva nella deposizione del defunto in una fossa poco profonda in posizione supina oppure sul fianco sinistro, circondato da ossa animali, ciottoletti ed ornamenti composti da collane fatte con denti di cervo. Tutte le deposizioni furono ricoperte da un leggero strato di terra al di sopra fu sparsa dell’ocra (colorante naturale) che formava un sottile livello. La testimonianza più importante è data dal ritrovamento dei resti fossili di una donna di circa 30 anni, alta 165 cm. alla quale è stato attribuito il nome di Thea (dal latino Theodora) per collegarlo a quello della grotta.
a cura di: Pro Loco Acquedolci

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