Acquedolci è un giovane centro della provincia di Messina adagiato sul mar Tirreno, ai piedi dei Monti Nebrodi. La sua celere crescita è dovuta alla terribile frana che colpì il centro abitato di San Fratello, di cui Acquedolci era frazione, l’8 gennaio del 1922. Questo disastroso evento costrinse gran parte della popolazione, trovatasi d’improvviso senza tetto, a trasferirsi velocemente nel borgo denominato “la Marina”, stabilendosi inizialmente in ricoveri di fortuna. Di questo disastroso evento si occupò di lì a poco il Governo che, grazie all’interessamento del Gen. Antonino Di Giorgio, illustre politico e scrittore del luogo, promulgò la legge n. 1045 del 09.07/1922 che prevedeva la ricostruzione dell’abitato di San Fratello in altro luogo, identificato nella frazione “Acquedolci”. Nello spazio di pochi anni ad Acquedolci si costruirono gli alloggi popolari (i cosiddetti “padiglioni”) l’ufficio postale, il plesso scolastico, la casa Municipale, la Chiesa Madre, il cimitero ed un’ottima rete idrica e fognaria. La crescita demografica e il definirsi di una cultura locale, fecero in seguito reclamare l’autonomia ottenuta il 12 novembre 1969. Così per effetto della Legge Regionale n. 42/969 Acquedolci iniziò la sua storia di Comune. Il primo sindaco del novello Comune fu il prof. Salvatore Mazzullo uno dei tanti che vissero quegli indimenticabili giorni con estremo ardore. Ma ci fu sopratutto L’Arciprete Antonino Di Paci, Presidente del Comitato per l’Autonomia che si costituì nel 1958, che fu un punto di riferimento fermo per quei tanti giovani nei quali batteva forte la voglia di autonomia e che vide raccogliere alla veneranda età di 86 anni i frutti delle sue battaglie. Acquedolci è oggi una tranquilla cittadina, ben strutturata urbanisticamente e ricca di numerose ville ed angoli di verde. Il suo nome trae origine, presumibilmente, dalla presenza di una copiosa fonte che sgorga alle falde del Pizzo Castellaro. Il corso d’acqua, denominato Favara, anticamente era reso dolciastro dalla lavorazione della canna da zucchero che ebbe in Acquedolci uno dei centri di maggiore attività. In epoca romana Acquedolci ospitò un manufatto per il ricovero delle navi di Apollonia ( l’attuale San Fratello). Il porto doveva trovarsi sotto i ruderi dell’attuale castello, nei pressi dello sbocco a mare delle acque della sorgente Favara. Le prime notizie storiche sull’abitato di Acquedolci le divulgano Tommaso Fazello (Lib. I – Dec. I) “Acque deinde cognomate Dulci cum taberna hospitatoria”, Plinio il Vecchio, Maurolico, che nel 1546 annota “l’Acque Dulci fundco” ma sopratutto la fonte principale è data da Diodoro Siculo, che, nel quinto libro della sua “Storia Universale”, scrive di Acquedolci. Nel borgo della “Marina” che ospitava il primo nucleo di Acquedolci fiorirono diverse attività economico-commerciali, costruiti nei pressi del carricatorum: “trappeti” per la canna da zucchero, mulini ad acqua, gualchiera per la lavorazione della lana, taverna e stazione per il cambio dei cavalli. Asupporto di tale attività fu costrita dai signori Larcan De Soto, una torre che fece poi parte del complesso di torri di avvistamento fatte edificare da Carlo V, nel XVI secolo, per la difesa delle coste siciliane. La stessa finì per costituire parte importante del castello fatto erigere tra il 1660 e il 1700 dai Principi di Palagonia. Il castello nonostante si presenti oggi uno stato di degrado avanzato, assume nel suo insieme un valore rilevante per la memoria storica evocata. Di recente è stato acquistato dalla Amministrazione Comunale che ha come obiettivo farlo tornare agli antichi splendori.
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